Stop al numero chiuso per il TFA sostegno. Trasformare l’organico di fatto in organico di diritto per assumere i precari sui posti vacanti

INTERVISTA A GIUSEPPE D’APRILE (ORIZZONTE SCUOLA)

Stiamo vivendo un momento ricco di tematiche legate all’attualità scolastica: dalle risposte attese per quanto riguarda il reclutamento alla mobilità degli insegnanti sottoposti al vincolo. Gli organici che giovano un ruolo chiave alla questione sociale legata alla violenza contro gli insegnanti. Temi che risultano ancora in fase di definizione o che, pur essendo già definiti, non raccolgono l’entusiasmo dei diretti interessati: i lavoratori della scuola. Ne abbiamo parlato con il segretario generale della Uil Scuola Rua Giuseppe D’Aprile, che ad Orizzonte Scuola propone la visione del sindacato che guida.

Si attende il parere dell’Unione Europea sul piano di reclutamento che vedrebbe modifiche alla riforma del PNRR già approvata la scorsa estate. Quale dovrebbe essere l’obiettivo?

Modificare strutturalmente, una volta per tutte, il sistema di reclutamento garantendo stabilità non solo al personale interessato ma anche alla continuità didattica. Un obiettivo che si può raggiungere se si prende atto che il sistema di reclutamento attuato finora è stato fallimentare. Sono indispensabili due interventi politici. Il primo riguarda l’accesso al sistema delle specializzazioni sul sostegno: va eliminato il numero chiuso delle università per l’accesso a tali corsi. Solo così si può dare una risposta concreta ad una esigenza sempre più evidente, limitando, il più possibile, che l’alunno con disabilità sia assegnato ad un docente senza titolo o che lo stesso docente si rechi all’estero per conseguirlo cadendo nella morsa della speculazione. Il secondo intervento riguarda la trasformazione dell’intero organico di fatto in organico di diritto che permetterebbe non solo di assumere il personale precario su tutti i posti vacanti oggi disponibili ma soprattutto eviterebbe un numero esorbitante di supplenti che non garantiscono la continuità didattica agli alunni. Dal punto di vista tecnico noi crediamo che ci siano soluzioni immediate: rendere strutturale il reclutamento dei docenti abilitati o specializzati sul sostegno già presenti nelle GPS, assumere gli idonei delle graduatorie dei concorsi e prevedere dei contratti pluriennali ai docenti non abilitati per i quali avviare un percorso snello di abilitazione seguito da successiva immissione in ruolo. L’obiettivo è anche quello di valorizzare e non disperdere l’esperienza sul campo di migliaia di precari che insegnano anche da moltissimi anni e che, a parer nostro, hanno dimostrato “merito sul campo”. In ultimo, consentire di conseguire l’abilitazione a tutto il personale di ruolo con il titolo specifico per altro grado, utile per altra disciplina di insegnamento. E’ evidente che per fare ciò c’è bisogno di forte volontà politica.

La risposta dell’Unione Europea dovrebbe contenere anche l’indicazione per i vincoli di mobilità. Dalle prime interlocuzioni è sembrato che da Bruxelles non vogliano cedere su questo punto, in quanto ritengono il blocco di permanenza un valido supporto per la continuità didattica.

Le logiche imposte dalla Comunità Europea (da notizie ufficiose e non certe) penalizzano migliaia di docenti. Imporre il rispetto della continuità didattica per la mobilità dei docenti di ruolo e far finta che la stessa non esista dinanzi, ad esempio, a oltre 250 mila precari che a tutt’oggi continuano a cambiare sede a danno, appunto, della continuità didattica da garantire agli alunni, è un paradosso tutto all’italiana che ci ha portato, anche quest’anno, in continuità con lo scorso anno, a non sottoscrivere il contratto sulla mobilità. Un palese controsenso che, a parer nostro, evidenziano la mancanza di volontà e del giusto peso politico per affrontare la questione nel concreto: alle promesse elettorali  di voler rimuovere gli «ostacoli piantati dal ministro Azzolina», non sono seguiti i fatti che confermano una cattiva continuità con quella politica che ha inserito i vincoli. Se davvero si hanno a cuore le sorti della scuola urgono da parte del Ministro Valditara – che più volte si è espresso favorevolmente per una positiva risoluzione della questione dei vincoli – scelte coraggiose anche in controtendenza rispetto a disposizioni comunitarie che piacciono evidentemente a Bruxelles ma non soddisfano i bisogni dell’intera comunità educante con la quale il nostro Governo si dovrà rapportare.

Organici: per il prossimo anno non sono previste riduzioni. La Uil Scuola Rua è tranquilla o preoccupata?

Preoccupati in quanto, in tema di organici, e non solo, non si nota un cambio di passo. La denatalità ha fornito al Governo, quindi anche il Ministro, un assist del quale approfittare per ridurre il numero di alunni per classe e per ridurre quello per scuola. Invece le scuole si accorpano aumentando il numero minimo di alunni. Allo stesso modo l’organico del personale ATA è rimasto invariato o si è ridotto, appunto, a seguito degli accorpamenti, nonostante sia la pandemia (organico ATA ex Covid) che il sovraccarico di lavoro a cui sono chiamate le scuole, i cui dirigenti scolastici sono sempre di più oberati di incombenze amministrative e burocratiche anche per la gestione dei fondi del PNRR, hanno evidenziato la necessità di ampliarlo. Un problema vecchio che conferma una visione miope sulla materia degli organici che, invece, dopo questi due anni di pandemia, avrebbe dovuto ora trovare una risposta seria e strutturata nel tempo. Segnali preoccupanti che registriamo anche negli incontri, nelle assemblee già da molti mesi e che non ci tranquillizzano affatto. Una “mobilitazione al contrario” intrapresa dalla nostra confederazione UIL e che ci porta ad ascoltare nei luoghi di lavoro e sui territori chi la scuola la vive tutti i giorni il personale al fine di decidere insieme le giuste rivendicazioni e iniziative da porre in atto nei prossimi mesi.

Quindi?

La scuola deve uscire dal Patto di Stabilità, dunque fuori dai vincoli di bilancio ed essere considerata non come fonte di risparmio bensì di investimento senza il quale si pregiudicano inevitabilmente le sorti di questo paese. Invece su di essa si continua a fare cassa in continuità con le politiche dei tagli sulla base di logiche ragionieristiche senza fornire risposte concrete e immediate alle scuole.

Il Ministro Valditara punta molto sulla figura del docente tutor. Secondo lei sarà veramente decisiva questa nuova figura?

In un momento delicato, nel quale si sta discutendo all’Aran la parte normativa del contratto, sarebbe opportuno e utile prima chiudere le partite in atto, valorizzare l’esistente, sburocratizzare le scuole e il personale da inutili produzioni cartacee, offrire garanzie di stabilità al personale precario, sciogliere i vincoli professionali e territoriali, costruire percorsi professionali aderenti alle diverse figure della comunità scolastica. Come si diventa tutor, chi lo decide, con quali compiti, quali criteri, quale retribuzione? Ci dichiareremo contrari o d’accordo dopo aver conosciuto i dettagli del progetto attraverso un confronto preventivo.

Per quanto riguarda la violenza nei confronti dei docenti e del personale scolastico, pensa che il Ministero e il Governo si stiano muovendo nella direzione giusta?

Il ministero ha disposto una circolare nella quale si chiama in causa l’Avvocatura dello Stato. In una procedura, che andrà resa concreta dalle scuole, si definisce un percorso che parte dalla segnalazione del dirigente, passa dall’Ufficio scolastico regionale e arriva all’organo di consulenza giuridica. Un provvedimento cornice che ora passa alla prova dei fatti. Sullo stesso tema il Senato ha avviato la scorsa settimana una serie di audizioni. E’ in quella sede che abbiamo ribadito quello che ripetiamo da tempo: la scuola riparte se si mette a punto un piano complessivo. Serve un provvedimento organico, per pensare oggi, la scuola dei prossimi anni. In audizione abbiamo proposto delle linee di intervento: rafforzare ruolo insegnanti; accrescere il dialogo con i genitori; rivedere le regole della partecipazione (Organi collegiali); dare valore al lavoro che si fa a scuola; ridisegnare le regole del linguaggio pubblico.

Questo porta a considerazioni strutturali rivolte al futuro. Come ripensare la scuola dunque?

È necessario ripensare la scuola in questo momento storico ed al ruolo che occupa nella società. Il suo ruolo è quello di istruire gli alunni, di insegnare loro a pensare ed aiutarli ad inserirsi nella società in cui vivono. È  il luogo primo e privilegiato per la costruzione dell’eguaglianza sociale al di fuori di qualsiasi meccanismo competitivo e di mercato. Contro gli episodi di violenza bisogna intervenire creando comunità con i ragazzi e coinvolgendo le famiglie, che spesso sono l’anello debole della catena. Gli studenti non sono numeri. La mancata realizzazione di questi obiettivi è una sconfitta collettiva, il venir meno del ruolo della scuola è perdita di un diritto fondamentale della persona.